Il plasma iperimmune per i pazienti con gravi forme di Covid-19 sarebbe davvero risultato inefficace
- riccardovella49
- 8 ott 2021
- Tempo di lettura: 2 min
Lo dicono risultati di un nuovo importante studio

Remap-Cap (Randomised, Embedded, Multifactorial, Adaptive Platform Trial for Community-Acquired Pneumonia), un importante studio clinico ha coinvolto migliaia di pazienti in tutto il mondo ed è arrivato al risultato di quello che sembra mettere definitivamente la parola fine al ricorso al plasma iperimmune per il trattamento dei pazienti con Covid-19 grave: nella maggior parte dei casi è inutile.
Il ricorso al plasma iperimmune, chiariscono gli autori dell’articolo pubblicato sulle pagine di Jama, aveva il suo perché all’inizio della pandemia: non si sapeva pressoché nulla del nuovo coronavirus e le alternative di trattamento disponibili erano anch’esse dei tentativi. Inoltre la somministrazione di plasma da pazienti convalescenti aveva dimostrato una certa efficacia per cambiare il decorso di altre malattie virali, per esempio Ebola.
L’effettiva efficacia del plasma iperimmune per Covid-19, però, è rimasta dubbia per un bel po’. Il problema era che nel caos dell’emergenza, con migliaia di persone malate e nessuno standard di cura, la terapia veniva somministrata al di fuori degli studi clinici, quindi senza veri criteri di selezione dei pazienti (non tutti erano in condizioni critiche) né una vera popolazione di controllo.
Da Remap-Cap, infatti, è emerso che dopo l’infusione di due unità di plasma iperimmune a pazienti Covid critici non c’erano sostanziali differenze nella progressione della malattiarispetto a quanto avveniva nei pazienti nelle stesse condizioni ma che avevano ricevuto cure standard. In particolare non c’era differenza nella probabilità di sopravvivenza ad almeno tre settimane senza necessità di supporto della respirazione.
I ricercatori si dicono pressoché certi dell’inutilità del plasma iperimmune nei pazienti gravi. Tuttavia i dati hanno mostrato che nei pazienti immunocompromessi la somministrazione di plasma iperimmune sembra avere un leggero beneficio rispetto alle cure standard. Il numero però è troppo piccolo (solo 126 pazienti) per poter trarre delle conclusioni.
“Potrebbe essere che i pazienti con un sistema immunitario compromesso, che non sono in grado di sviluppare una risposta immunitaria efficace, possano comunque beneficiare degli anticorpi presenti nel plasma sanguigno dei pazienti guariti da Covid, specialmente all’inizio della malattia”, commenta Lise Estcourt, dell’Università di Oxford e direttore dell’Unità per le sperimentazioni cliniche del sangue e dei trapianti del National Health Service del Regno Unito. “Questo è un dato che merita sicuramente un’indagine“.
Ma perché il plasma iperimmune non funziona? Gli scienziati non sanno dare una risposta.
Forse ci sono troppo pochi anticorpi “di qualità”, oppure i pazienti sono ormai in condizioni troppo critiche perché possano fare la differenza e frenare la progressione.
Non è infatti corretto dire che la strategia non funzioni in generale: è possibile che il plasma iperimmune abbia effetto su pazienti che versano in condizioni migliori, ancora all’inizio dell’infezione.
Ma in questi casi, oggi, è forse preferibile utilizzare gli anticorpi monoclonali, perché più efficienti.
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